“Le emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto provenienti dal trasporto marittimo supereranno le emissioni del totale delle fonti terrestri”. E’ una stima dell’Unione Europea, che evidenzia come le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all’utilizzo di combustibili ad alto tenore di zolfo contribuiscono all’inquinamento atmosferico sotto forma di anidride solforosa e particolato.
Esiste una Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi in mare, nota come Marpol, da cui derivano aree di controllo delle emissioni nel Mar Baltico, nel Mare del Nord e nel canale della Manica. Qui il tenore massimo di zolfo nei combustibili navali dello è dello 0,10%.
Come funziona una nave? E’ una piccola città in movimento, per cui ci sono dei motori per la propulsione e dei generatori per produrre la corrente elettrica che fa funzionare tutti i servizi. In genere sono motori diesel, qualche volta si usano turbine a gas, ormai sta scomparendo l’uso del vapore mentre il nucleare è limitato al solo settore militare. Ci sono anche energie rinnovabili, come il vento, o a zero emissioni, come le celle combustibili, ma sono solo ausili o applicazioni particolari. I motori diesel sono alimentati da gasolio, quando la nave si muove nel porto, e da olio pesante (un gasolio molto meno raffinato) quando è in mezzo al mare; nel mare del Nord, per abbattere l’inquinamento, le navi impiegano GNL (gas naturale liquefatto) per fare le manovre in porto, praticamente azzerando le emissioni di zolfo e polveri sottili.
Nel Mediterraneo i limiti di emissioni saranno applicati nei prossimi anni. In Italia, in particolare, la legge nazionale fissa dal 1° gennaio 2018 per il mare Adriatico e il mare Ionio e dal 1° gennaio 2020 per le altre zone di mare un tenore massimo di zolfo pari allo 0,10% in massa, a condizione che gli Stati membri dell’Unione europea prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l’applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori. E questo speriamo sia un limite facilmente superabile.
Non è un caso che la Ravennate PIR (petrolifera italo rumena), assieme ad Edison, abbia presentato nei primi mesi del 2017 un progetto da 70 milioni di euro per un deposito di GNL al porto di Ravenna, con capacità di stoccaggio pari 10.000 mc di gas da realizzare in un’area di 23.000 mq, tra la Bunge e la centrale elettrica “Teodora”.
Sono importanti le parole del Presidente Rossi, dell’Autorità di Sistema Portuale ravennate, che pone l’accento sulla valenza strategica per il porto: «La presenza di un impianto di quel tipo metterebbe Ravenna tra i core port italiani, sarebbe l’unico nell’alto Adriatico e uno dei pochi sulle coste italiane con una grande importanza in vista del 2021 quando entreranno in vigore norme più restrittive sull’alimentazione delle navi che a quel punto potrebbero indirizzarsi verso il Gnl come carburante. Se così fosse potrebbe voler dire che le navi in transito nell’alto Adriatico dovrebbero passare da Ravenna». Al momento ci sono solo altri cinque progetti in Italia, nessuno ancora realizzato.